Politica

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Sat, 26 Dec 2009 12:28:00

Il Cardinale Tettamanzi e il carcere. Differenza tra "amore" e denuncia populista - di Roberto Pepe


"Credo proprio che l’Arcivescovo abbia fatto orecchio da mercante al recentissimo appello del Papa che richiamava i preti a non immischiarsi nella politica terrena dello Stato ospitante…"

"Le condizioni in tante celle sono offensive della dignità umana": questo ha detto l'arcivescovo di Milano dopo la Messa a San Vittore. Il Cardinale Tettamanzi, dopo aver visitato la struttura del penitenziario milanese, ha affermato di essere rimasto 'sconvolto'. "Penso che tutti - ha proseguito - e non solo il sistema generale delle carceri, devono fare qualcosa in più,  perché queste condizioni siano davvero migliorate".

Il Cardinale ha perfettamente ragione; lo sanno tutti, è una cosa disumana che ci portiamo dietro da anni, questo sistema giudiziario e penale italiano che molti non vogliono cambiare, ammodernare. Quante carceri sono state costruite e sono disabitate perché qualche militante politico bontempone non le vuole aprire? Quanta gente attende in carcere le lungaggini giudiziarie “in attesa di giudizio”, mentre c’è chi non le vuole obbligare a contenerle nel tempo? Quanta gente potrebbe essere estradata...?

E poi, parliamoci chiaro,  non è stato proprio un atto “diplomatico” e nemmeno tanto “religioso” il fatto che un alto prelato nella propria funzione di portatore di pace e serenità andasse a sobillare ed a fomentare l’astio proprio dei detenuti, che se convivono in quell’ambito, lo sono perché non hanno troppo avuto riguardi per la legge, mostrandosi irriguardoso, tra l’altro, verso le autorità preposte… Queste affermazioni di Tettamanzi sono verità, ma hanno valore se affermate da un pretore, da un magistrato o da qualche politico, non da un prete che deve infondere il senso dell’umano pentimento e la sopportazione delle pene per il male generato… Credo proprio che l’Arcivescovo abbia fatto orecchio da mercante al recentissimo appello del Papa che richiamava i preti a non immischiarsi nella politica terrena dello Stato ospitante…



Leggiamo quanta saggezza c’era nelle parole di Giovanni XXIII quando andò in visita a Regina Coeli, a Roma, dopo la propria elezione a Pontefice: “...Miei cari figlioli, miei cari fratelli, siamo nella casa del Padre anche qui. (…) E se si sbaglia, si sconta, e noi dobbiamo offrire al Signore i nostri sacrifici. Che grande cosa, fratelli, il Cristianesimo! (…) Io metto i miei occhi nei vostri occhi: ma no, perché piangete? Siate contenti che io sia qui. Ho messo il mio cuore vicino al vostro. Il Papa è venuto, eccomi a voi. Penso con voi ai vostri bambini che sono la vostra poesia e la vostra tristezza, alle vostre mogli, alle vostre sorelle, alle vostre mamme…”.


E quanto rispetto per la legge e per le autorità da parte di Papa Paolo VI nel 1990 in visita al carcere di Poggioreale:

“… Vi ringrazio per la vostra accoglienza. Grazie, in modo speciale, al Signor Ministro  (…) al Direttore Generale per gli Istituti di prevenzione e pena, al Direttore di questo Istituto ed ai suoi collaboratori… Vorrei potermi intrattenere personalmente con ciascuno, ascoltare quanto sarebbe vostro desiderio confidarmi circa le vostre personali vicende e le situazioni familiari;… incoraggiarvi a guardare con fiducia verso l’avvenire,… Il carcere non è certo un luogo dove si viene e si resta per libera scelta. Voi avvertite il disagio che s’è creato tra voi e la società, e potete anche avere l’impressione di essere abbandonati a voi stessi. Sono al corrente delle vostre difficoltà, conosco anche gli sforzi che vengono dispiegati per far sì che il vostro soggiorno in questo Istituto non vi deprima ulteriormente. Cristo attraverso la conversione e la purificazione del cuore libera ogni uomo dal carcere morale, nel quale lo rinchiudono le sue passioni. Egli è pronto ad agire con potenza e misericordia, ma attende che noi glielo permettiamo con la nostra disponibilità, attende che noi gli andiamo incontro."



Speriamo che queste due citazioni chiariscano all’Arcivescovo Tettamanzi cosa significhi parlare di “amore universale” da parte dei nostri grandi Papi, compreso l’attuale Papa Ratzinger, in primis (grande tra i grandi) e che si renda conto che non hanno niente a che spartire con la denuncia populista scontata del "suo" sconvolgimento.


sabato 30 gennaio 2010
Il vescovo "arrabbiato" di Agrigento (Roberto Pepe)

Riceviamo e con grande piacere pubblichiamo:

Il vescovo "arrabbiato" di Agrigento

Roberto Pepe

Francamente non lo capisco questo gesto delll’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro (quello che aveva eliminato i Re Magi dal Presepe, perché "respinti alla frontiera") che siccome non riesce a trattenere la "rabbia" per quanto è accaduto ha deciso di farlo sapere con un gesto eclatante: rifiutando di officiare i funerali delle due bambine morte sotto il crollo della propria abitazione a Favara.

Cioè, un Vescovo preposto alla cura delle anime di un certo posto, dice ai propri parrocchiani che non riesce a trattenere la “rabbia” e pertanto non celebra un Officio Sacro.

Questo proprio non riesco a comprenderlo. Un prete è messo lì apposta per curare le ferite umane da qualunque esse parte provengano, predisponendo l’animo all’accettazione cristiana del tremendo dramma subìto nella fede che costantemente (comunque) mette a dura prova l’essere umano ed egli, l’alto prelato che fa? Dice “sono arrabbiato e scendo in sciopero manifestando il mio sdegno tra il popolo!”… 

Attenzione, ciò non vuol dire assolutamente accettare l'ingiustizia e che ci si debba rassegnare umanamente e civilmente a questi assassinii legalizzati, dovendo assolutamente scavare le responsabilità e punire i colpevoli rapidamente e con severità, ma un Vescovo ha l’obbligo canonico di rappresentare, invece, la presenza della Chiesa proprio nei momenti più tragici, di sconforto abissale, elevandoli a momenti di trascendenza spirituale con sopportazione cristiana.

Non può certamente parlare come un sindacalista o un politicante, il Vescovo "adirato". Può invece gridare, additando i colpevoli:"Convertitevi e pentitevi" come fece Giovanni Paolo II... Diciamo con certezza che se era indispensabile la sua presenza attiva in una Sacra celebrazione era proprio in un caso come questo: nel momento del compimento di un sacrificio umano. Se sua Eccellenza crede nell’aldilà (e lo penso) cosa crede che abbiano pensato le due creaturine che se ne sono andate: si saranno sentite più serene in quel mondo di pace dove non c’è più vendetta, ma comprensione, vedendo che il loro vescovo ha dichiarato forfait roso dalla rabbia? O avranno pensato che anche i Vescovi sbagliano quando vogliono fare gli esibizionisti e non quello per cui sono stati consacrati?…

E se per caso un cappellano militare, di fronte alla morte giornaliera dicesse: adesso basta non celebro più messa fin tanto non cessa la guerra! A chi farebbe torto? Ai comandi militari, o semplicemente … alle anime dei morti? Mi sa rispondere il vescovo di Agrigento?


Roberto Pepe

In effetti il comportamento del vescovo ha creato anche in me moltissimi dubbi e perplessita'.
R.
Pubblicato da raffaella blog a 07:22
18 commenti:
Maria ha detto...
Quoto Raffaella. Sono rimasta un pò perplessa anche io. Tanto, il fatto che Monsignore non celebri un funerale, sarà cosa che verrà dimenticata....per cui penso sia una forma di "protesta" poco costruttiva. Tanto più che sarebbero altri i casi in cui -a mio avviso- bisognerebbe fare cernite fra funerali di serie A e di serie B. (motivazioni personali del Monsignore a parte...)
Fabiola ha detto...
Finalmente. A me la scelta del Vescovo di Agrigento non ha suscitato dubbi solo amare certezze. Sono presuntuosa.
Che cosa dovrebbe avere un Vescovo di più prezioso da offrire agli uomini feriti e doloranti se non il rinnovarsi del Sacrificio di Cristo, unica sicura Speranza di fronte a qualsivoglia disperazione?
Se lo rifiuta per una vaga solidarietà socio-politica che senso ha il suo Sacerdozio? "Se il sale diventa scipito..." è buono solo per essere applaudito dai mass-media politicamente corretti. Se un Vescovo non lo capisce più...
euge ha detto...
Già care amiche anche a me questa decisione ha creato dei dubbi non indifferenti sulla sua condotta!
giovanni graceffa ha detto...
Forsè sarò una voce stonata, ma sento di essere d'accordo con il mio Vescovo, Don Franco. E lo sono perchè il Vescovo è un uomo di grande carità e non è stato assente dalla tragedia che ha colpito la famiglia Bellavia ma presente fisicamente sia la sera della veglia sia in mezzo alla gente durante la cerimonia funebre.
Ma c'è un motivo che ha portato il Vescovo ha prendere questa posizione e la si può capire quando si vive in mezzo al disagio a cui i politici che dovrebbero non riescono a dare soluzioni, ed i motivo è che all'indomani della tragedia di Giampilieri in Messina, Lui che era stato Vescovo ausiliario di Messina aveva detto che il centro storico di Agrigento, ma anche quello di Favara, era ed è in condizioni simili o peggiori di Giampilieri e che Lui avendo più volte denunciato questo stato di degrado non avrebbe celebrato funerali di tragedie annunciate. Ha dunque tenuto fede alla sua presa di posizione. Non credo dunque che il Vescovo abbia fatto distinzioni di ceto sociale o di funerali di seria A o serie B.
Se ne avete voglia leggete la dichiarazione del Vescovo Mons. Francesco Montenegro:
http://www.lamicodelpopolo.net/Home/tabid/82/ctl/Details/mid/638/ItemID/295/language/it-IT/Default.aspx  e la riflessione di Don Carmelo Petrone direttore dell'Amico del Popolo, settimanale della Diocesi di Agrigento, questo è il link:
http://www.lamicodelpopolo.net/Home/tabid/82/ctl/Details/mid/638/ItemID/297/language/it-IT/Default.aspx

Giovanni Graceffa di Aragona Diocesi di Agrigento
Fabiola ha detto...
A Giovanni Graceffa.
Nel mio post non entravo volutamente nel merito del disagio provocato da inadempienze di politici.
Mi ponevo delle domande.
Continuo a ritenere che un Vescovo, pur avendo tutte le ragioni del mondo per essere indignato, non possa e non debba utilizzare il dono più grande che ha ricevuto da Cristo e dalla Chiesa per farne una bandiera di protesta. Anche perché, in quel dono, sta la salvezza di ogni uomo e del mondo.Non è questione di solidarietà espressa in modi diversi. E' questione di fede nella salvezza autentica che solo Cristo può "fare", non noi, pur con tutta la nostra solidarietà.
Anonimo ha detto...
Il grido di allarme lanciato dal vescovo è totalmente condivisibile;

totalmente non condivisibile è il rifiuto di celebrare un funerale; la liturgia non è materia su cui si può "scioperare", come il ministero episcopale non è paragonabile ad una qualsiasi rivendicazione sindacale.
Il vescovo non solo ha sbagliato ma ha offeso sia la liturgia che la famiglia dei defunti.

Se riteneva di diver protestare per questo fatto annunciato doveva e deve farlo (ed è libero di farlo) senza coinvolgere Cristo, la Chiesa e la sua liturgia o i suoi segni (come il presepe) e senza neppure coinvolgere il suo ministero episcopale.

Protestare è lecito, soprattutto per situazioni simili, addirittura può essere doveroso, ma nel giusto modo.

E il modo usato da questo vescovo è sbagliato.
Caterina63 ha detto...
Il Vescovo di Agrigento ha commesso un grave abuso (nel gergo militare e fra magistrati si parla di OMMISSIONI D'ATTI D'UFFICIO) perchè la celebrazione della Messa (e delle esequie nella fattispecie) NON E' UNA SUA PROPRIETA' MA E' UN UFFICIO, UN SERVIZIO, celebrare o non celebrare tale Messa non è un arma da usare per questioni politiche o per risolvere il dramma che ha portato alla morte due anime innocenti...

Se politicamente parlando anche il Papa decidesse un giorno di NON celebrare Messa per protestare CONTRO LA LEGGE SULL'ABORTO, cosa accadrebbe?

Quieste iniziative denotano, assai gravemente, l'idea eretica che certi sacerdoti hanno a riguardo della Messa: essa NON è un atto privato, non è barattabile a seconda della situazione politica e si può rifiutare di celebrare Messa SOLO se alla base ci fossero gravi motivi di ordine pubblico che potrebbero mettere in pericolo la vita dei fedeli E LA PROFANAZIONE DELL'EUCARESTIA...

Basti pensare ai cristiani NELLE CATACOMBE, essi non si rifiutavano di celebrare Messa nonostante le ingiustizie che subivano, al contrario, da Questa traevano forza....ergo il Vescovo, più furbamente SI E' MESSO D'ACCORDO CON IL PARROCO, la Messa l'ha fatta celebrare non l'ha rifiutata, ergo egli ha compiuto solo un abuso neio confronti dell'autorità che gli è stata conferita, omettendo un ATTO D'UFFICIO, Ufficio Divino che quelle due anime avevano DIRITTO di ricevere DALLE MANI DEL LORO PASTORE....
Caterina63 ha detto...
giovanni graceffa ha detto...
Forsè sarò una voce stonata, ma sento di essere d'accordo con il mio Vescovo, Don Franco. E lo sono perchè il Vescovo è un uomo di grande carità e non è stato assente dalla tragedia che ha colpito la famiglia Bellavia ma presente fisicamente sia la sera della veglia sia in mezzo alla gente durante la cerimonia funebre.


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è proprio questo il dramma di molti cattolici oggi: confondere la carità INDISCUTIBILE di un vescovo, dalle sue azioni SBAGLIATE...
L'Eucarestia NON è materia privata che un sacerdote può usare per fini politici, il vescovo HA SBAGLIATO ha commesso un'omissione dell'Ufficio Divino, DUE ANIME INNOCENTI sono state private non certo della Messa (è ovvio che il vescovo si è premunito facendola celebrare al parroco altrimenti sarebbe incorso in una colpa assai più grave) ma private dell'Ufficio celebrato DAL LORO PASTORE...

il resto sono chiacchiere sentimentalistiche e boniste!
Anonimo ha detto...
Ho l'impressione che l'Arcivescovo di Agrigento difetti, nelle ultime settimane, di una piena capacità di analizzare gli avvenimenti e di gestirli, sul piano cattolico, conseguentemente.
Salvo errore, non mi risulta che lo stesso Arcivescovo in precedenza, mentre il dissesto ed il degrado della sua terra erano sotto gli occhi di tutti, abbia fatto molto per esternare in TV, sui giornali, sui mezzi di comunicazione di massa, i molti mali che affliggono la sua terra, tra cui anche l'edificazione abusiva.
Fare l'adirato quando "la frittata" è già fatta può essere un esercizio di facciata; ma non risolve i problemi che invece il Vescovo avrebbe dovuto stigmatizzare pubblicamente e sonoramente prima, dando agli amministratori interessati ed ai cittadini interessati a non rispettare le norme edilizie, i rimproveri che si meritavano ampiamente.
Oggi, non pochi Vescovi cattolici, amano "le sceneggiate", le uniche forme, in carenza delle pratiche tradizionali di cura d'anime, che riescono ad appagarli dalle loro frustazioni.
euge ha detto...
Condivido Fabiola!
Anonimo ha detto...
io sono d'accordo con il vescovo,oltre che per i motivi di "giustizia civile" diciamo, su cui siamo tutti d'accordo, anche su quelli pastorali,per due ragioni:
lui non ha negato i funerali, ma ha assistito a quelli celebrati.Forse un'eucarestia celebrata da un semplice sacerdote é meno corpo di Cristo o da meno conforto? quindi le critiche sul non aver offerto la consolazione dell'eucarestia non reggono, soprattutto considerando che qui ci sono molti fan del rito di Pio V, ebbenne seccondo il vecchio ordo il Papa praticamente non celebrava quasi mai l'eucarestia per i fedeli, ma assisteva a una celebrata da altri, quindi per 10secoli i papi hanno rinunciato alla loro missione?

2) La cura pastorale. Lasciamo l'ipocrisia dei farisei: qual é il buon pastore,colui che si prende cura delle sue pecore? quello che mentre la famiglia piange i suoi morti è nel suo ufficio, scrivendo il discorso del giorno dopo,per i funerali, per far bella figura con i giornalisti,magari citando i morti per nome, come se li conoscesse,quando probabilmente non ha mai fatto una visita pastorale in quel paese e non sapeva neanche del rischio crolli?arriva il giorno dei funerali all'ultimo minuto, con la sua Lancia o Mercedes parcheggiata in prima fila, celebra la messa e riparte?
oppure il vescovo che la sera della veglia,e chi ha avuto un caro defunto sa quant'é importante, resta con la famiglia, prega con lei, la consola,e il giorno dei funerali é nei banchi affianco alla famiglia, ma soprattutto si è mostrato pastore prima, quando le telecamere non c'erano. Molti dicono "gesto eclatante",ma quando ha scritto la lettera nessuno lo sapeva,tant'é che solooggi l'abbiamo scoperto,lui però si era preoccupato da tempo.
Anonimo ha detto...
Ma quello che ha voluto interrompere il vescovo non è la fede nella salvezza che solo Cristo può dare.Tant'é che non solo ha partecipato all'eucarwstia ,ma ha anche pregato quel Cristo il giorno primo.Solohavoluto dire basta a quella consuetudinedove c'é una tragedia annunciata,muoiono giovani vittime, arriva il vescovo e un rappresentante del governo per il funerale, si dice che ci sono responsabilità, e poi ancora un'altra tragedia. Ogni volta mi sembra quasi he passi il discorso: "va bene hai perso un caro in una tragedia annunciata,però caspita hai avuto il funerale con il vescovo!".così la presenza del vescovo diventa più importante di quella di Cristo stesso all'eucarestia.
Giovanni ha detto...
Non mi sento di "condannare" l'atteggiamento del vescovo.
Alla fine il sacrificio eucaristico per la consolazione della famiglia e degli amici si è tenuto ugualmente. E il valore che ha il Sacramento non differisce se celebra il Papa o celebra l'ultimo parroco di provincia.

Diverso sarebbe stato se avesse vietato il funerale, ma così non è stato.
L'importante è che il vescovo si prenda cura del gregge affidatogli e, dalla testimonianza di giovanni graceffa, pare l'abbia fatto sia verso la comunità che verso la famiglia delle vittime.
Infine, potrei sbagliarmi, ma non credo che se avesse adottato altre forme di protesta i giornali avrebbero dato una diffusione così ampia della posizione della Chiesa locale rispetto al disagio di quelle zone.
Fabiola ha detto...
Appunto. Ha utilizzato il rifiuto di celebrare i funerali per avere risonanza mediatica.
Scusate, so benissimo che la S. Messa ha valore anche se celebrata dall'ultimo "curato di campagna". La questione non sta qui. Sta nella strumentalizzazione di ciò che è sacro, in un paradossale "sciopero" di ciò che non gli appartiene ma di cui è solo Ministro. Del resto la pregressa vicenda dei Magi, fermati alla frontiera dalle disumane leggi di questo governo dice moltissimo sul senso tutto "politico" della cosa.
Anonimo ha detto...
Il Vescovo ha mancato ad un suo dovere, non c'è dubbio. Ma a parte l'aspetto puramente liturgico, credo che abbia mancato di intelligenza, lasciandosi andare alla rabbia e facendosi da essa guidare. Contro chi era quella rabbia? Contro il costruttore, che a suo giudizio ha sbagliato? Contro l'amministrazione comunale che ha mancato di verificare l'edificio? Contro le amministrazioni precedenti che non l'hanno fatto a loro volta? Contro il servizio geologico regionale? Contro quello nazionale? Contro il Governo ladro? O contro il fato? O contro il buon Dio che evidentemente aveva deciso così?

Dopo il dramma di Haiti ho seguito un'intervista ad una locale da parte di una giornalista italiana che le chiedeva se provava rabbia e se c'erano responsabilità (pensa un po' te!). Lei rispose, sorpresa, che è inutile provare rabbia per il terremoto e che bisognava pensare ai sopravvissuti.
In aggiunta, il Vescovo avrebbe dovuto pensare anche alle due piccole defunte.
O Sarracino
Anonimo ha detto...
Qui non si tratta di giustizia terrena... Il funerale è un momento spirituale di trapasso e di saluto delle anime che se ne vanno in un'altra dimensione, che con la messa, sono presentate all'Altissimo. Se è vero, come diceva Padre Pio e "qualche altro Papa" che con la preghiera si può intercedere per la salvezza delle stesse anime, se mi permettete, se c'è anche un arcivescovo che officia in più sull'altare, può aver il suo valore... per l'aldilà, ma anche e soprattutto per il "di qua" dove la Rabbia deve essere assolutamente bandita. Io spero che Sua Eccelleza si sia andato a confessare da qualche frate il quale gli abbia combinato quelche "strizzata" di cilicio, perché, in effetti è stata proprio l'esaltazione della motivazione diavolesca della Rabbia che ha rovinato tutto. E' assolutamente inutile farsi vedere in giro per il paese e parlare con tutti e fare il compagnone, magari in blue jeans, magari parlando male degli amministratori, per far vedere che si è "sì" altolocati, prossimi Principi, ma sempre cattolici-democratici (un po' relativisti). Il Vescovo è come l'allenatore di calcio: non ha l'obbligo di essere simpatico e "casareccio" per far il bene della "squadra". L'esempio che è stato riportato di Giovanni PaoloII che col dito puntato inveì contro la mafia: Pentitevi e convertitevi! è indicativo, ma il Papa non ha fatto sciopero, anzi di messe ne avrà dette molte di più per questo motivo... E' questo il Concetto base. IL prete deve combattere con le armi che ha: la preghiera,la preghiera e la preghiera, non con con la "rabbia" della politica.
giovanni graceffa ha detto...
Cara Caterina63, non vivo nessun dramma nel sentirmi solidale al mio Vescovo. Avrà sbagliato? non lo so? non sono un esperto in diritto canonico, sono un semplice ed umile cattolico che accanto al suo Vescovo si sente al sicuro e sa che se ha preso questa decisione la ha presa dopo tanta preghiera.
Ma una cosa è certa il suo silenzio carico di preghiera ha parlato più di tante omelie. Al Signore Gesù il giusto giudizio finale.
Salvo ha detto...
io sto con il Vescovo..lo dimostra il gruppo di facebook che siamo in tanti a sostenerlo! e poi, ho notato commenti delle anime della ragazza e della bambina che pensano di qui e di là...voi non potete parlare a nome loro, e neanche potete parlare di diritto canonico, perchè, se ci saranno proveddimenti da prendere (penso proprio che non ce ne sia di bisogno) li prenderà la chiesa...li prenderà sua santità il Papa..o no?? ciao a tutti, e che Dio vi benedica tutti, cento volte e più!!


30-08-2011 | 09:02:17 IL COMMENTO

Bagnasco e le tasse - di Roberto Pepe

Bagnasco non doveva apparire un Di Pietro o un Bersani-bis!

 - ItaliaChiamaItalia

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La battuta più decente a Roma è stata: “Se l’è annata a cercà”,  quando è stato chiesto da qualche politico di far pagare al Vaticano qualche tassa in più. Quando il Presidente della Cei, Cardinale  Angelo Bagnasco, interviene affermando: “Come comunità cristiana, come credenti dobbiamo rimanere al richiamo etico che fa parte della nostra missione e fare appello alla coscienza di tutti perchè anche questo dovere possa essere assolto da tutti per la propria giusta parte", non fa altro che cercare di curare saggiamente la pancia dell’intera comunità italiana, tralasciando forse di pensare principalmente a curare lo spirito del cattolico italiano. Tutto qui. Certo che ha ragione l’alto prelato nello scandalizzarsi per la quantità di persone che non pagano le tasse: ha ragione, come hanno ragione tutti gli italiani - più poveri - che si sentono rubare quei pochi soldi di pensione utile alla sopravvivenza quotidiana.

Ed è assolutamente inutile, però, che Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, se la prenda con Radicali, Massoni e con il “potente Partito dell’evasione”. E’ ovvio che quando si denuncia fortemente una “magagna” bisogna dare per scontato che chi già ti avversa normalmente trovi qualche appiglio per contrastarti. E’ ovvio pure che le “immediate reazioni bipartisan favorevoli” di quanti “lavorano per un’equa correzione della manovra-bis”, sa tanto di attacco e spinta al Governo ad agire in un determinato modo, generando una sorte di ingerenza politica, addirittura, su provvedimenti in corso d’opera…

Ma purtroppo, proprio per l’alto compito ufficiale che ha il cardinale Bagnasco (non può parlare mai da cittadino comune), la sua osservazione è stata fatta nella peggiore delle tradizioni interventiste nelle cose di Stato che molti altri Alti Prelati (contravvenendo esattamente l’impostazione evangelica data dal nostro “grande” Papa Ratzinger)  utilizzano per denunciare una qualche malefatta attinente esclusivamente al mondo civile (vedi Tettamanzi o l’Arcivescovo di Agrigento). Il loro errore consiste nel fatto che non possono assolutamente arrogarsi il principio di rappresentare “loro” l’intera cittadinanza, come fossero dei Masaniello, proprio perché l’Italia è uno Stato di diritto (poco) conformato da diverse etnie e religioni ed atei non-credenti. Bagnasco non doveva apparire un Di Pietro o un Bersani-bis, ma doveva, per esempio, imporre al proprio clero di chiedere espressamente nei confessionali se il penitente, oltre ad altri peccati denunciati, avesse pagato le tasse giustamente ed in caso negativo, di commisurare delle pene pesantissime (venti ave, gloria e pater) a chi avesse riconosciuto di aver fatto il furbetto! Gli italiani “tutti” avrebbero capito “l’antifona”, ma nessuno avrebbe potuto imputare che la Chiesa interviene nella cura delle tasse, anziché pensare alle anime! E, soprattutto, senza dare l’opportunità ai soliti anticlericali di suonare le loro trombe!


27-09-2011 | 12:08:22  IL COMMENTO

La "Fatwa" di Bagnasco e la nuova Dc - di Roberto Pepe

'Ma Papa Benedetto è d’accordo o per caso non gli ha ricordato, come ha fatto qualche altra volta con qualche altro Cardinale, di pensare ai penitenti nel confessionale?'

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Partiamo dalla conclusione del discorso politico del presidente della CEI, Cardinale Bagnasco, quando parla della presenza dei cattolici nella vita politica: “Sembra rapidamente stagliarsi all’orizzonte la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica, che – coniugando strettamente l’etica sociale con l’etica della vita – sia promettente grembo di futuro, senza nostalgie né ingenue illusioni". Ora rileggendo il suo documento dall’inizio, si comprende che trattasi di un  lungo preambolo (contro il governo), che tende a giustificare un nuovo soggetto politico, cioè  un nuovo-vecchio partito, cioè una nuova edizione di DC, a cui impartisce, il Cardinale, la propria “benedizione” a fronte degli attuali soggetti politici depravati senza speranza.

Tutto l’impianto dell’accusa che ne consegue è chiaramente un susseguirsi di stantie e risibili denunce sui “comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui”.  Non è la prima volta che il Cardinale rivolge al Paese questo richiamo: egli sa benissimo di toccare le corde  populiste di tutti gli oppositori del Governo e di qualche militante in imbarazzo,  stanco dei continui attacchi: “chiunque sceglie la militanza politica - afferma con enfasi moralizzatrice - deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda”.

Silvio Berlusconi non viene mai nominato, eppure l'affondo non lascia spazio a dubbi. Anzi per comprovare la necessità di questo attacco al Governo, Bagnasco richiama ipotetici accorati appelli del popolo (vedi papesse richiedenti scomuniche de La Repubblica), addirittura parafrasando Vittorio Emanuele II: “Da più parti, nelle ultime settimane, si sono elevate voci che invocavano nostri pronunciamenti”. Incolpandosi di non aver denunciato prima questi truci comportamenti: “Forse che davvero è mancata in questi anni la voce responsabile del Magistero ecclesiale che chiedeva e chiede orizzonti di vita buona, libera dal pansessualismo e dal relativismo amorale?".

E’ una vera e propria sceneggiata integralista buonista che cade inesorabilmente nella critica morale individuale, quando, citando processi in corso di svolgimento, il Prelato afferma che esistono diversi livelli di vita che, se comprovati, sono difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica. “Questi comportamenti licenziosi ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune, intaccando l’immagine dell’Italia nel Mondo”.

Dopo aver ripreso i cittadini che non pagano le tasse, il Presidente della CEI, alla fine apre proprio agli italiani affinché facciano di tutto per portare l’Italia fuori dal guado in cui si trova anche per un certo scoramento. "L’Italia non deve autodenigrarsi!".  Come se la denigrazione dell’Italia non fosse  principalmente frutto di “discorsi-processo” vaghi e tenebrosi, proprio come quello  sparato alle spalle del Governo dal Cardinal Bagnasco.

Tutto si risolverà, comunque,  come dicevamo all’inizio, facendo votare l’Italia per una rinata e risorta DC, magari con l’appoggio degli ex-scomunicati comunisti. Una sola domanda al Cardinale Bagnasco: Ma Papa Benedetto è d’accordo o per caso non gli ha ricordato, come ha fatto qualche altra volta con qualche altro Cardinale, di pensare ai penitenti nel confessionale?
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28-09-2011 | 16:40:05  Per fortuna che  "c’è"

La "Fatwa" di Bagnasco ridimensionata da Papa Ratzinger - di Roberto Pepe

'Non ci resta che sperare nel nostro Papa Ratzinger. Egli che vuole che i preti siano prima di tutto preti! Lunga vita a BenedettoXVI'

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Così concludevamo l’articolo del 27 settembre, con il titolo “LA FATWA DI BAGNASCO E LA NUOVA DC”: “Ma Papa Benedetto è d’accordo [nel lanciare quel monito morale] o per caso non gli ha ricordato, come ha fatto qualche altra volta con qualche altro Cardinale, di pensare ai penitenti nel confessionale?”. Abbiamo avuto la risposta. E’ arrivata  la conferma che quanto detto da Bagnasco è fortunatamente stato limato e sfrondato di tutte le personali allusioni dirette a Berlusconi, lasciando intendere che il monito moralistico sia indirizzato ad una classe politica “generica” più che ad un singolo elemento. C’è da pensare che la “scomunica” invocata da Repubblica sarebbe arrivata come il “tuono segue il baleno”.  Immaginiamo solo cosa sarebbe potuto venire fuori da quella “santa” bocca episcopale ed i danni che avrebbe potuto provocare nel far vagheggiare un inciucio “la Repubblica-Vaticano”.

Abbiamo avuto la conferma che la settimana precedente a Castel Gandolfo è avvenuto un Summit a tre, tra lo stesso Papa Ratzinger, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e Bagnasco, nel quale si sono concordati i contenuti della prolusione che si sarebbe dovuta tenere nei confronti del premier Berlusconi: una vera e propria denuncia durissima sugli scandali a sfondo sessuale resi noti dalle varie intercettazioni prodotte illegalmente dalla stampa italiana e da alcuni organi inquirenti politicizzati.

Il fatto che vi sia stata una riunione a “tre” ha l’indubbio significato di rappresentare la volontà papale di non lasciare alle varie Istituzioni od associazioni, o congregazioni vaticane, la gestione dei rapporti con i fedeli e con le autorità pubbliche straniere (italiane).  La volontà del Pontefice, infatti, è che di qui in avanti, segreteria di Stato vaticana e Conferenza episcopale italiana parlino una stessa lingua ufficiale, quella dello stesso Papa, o quantomeno, si tenda a moderare i toni e gli obiettivi delle denunce, mantenendole in un ambito strettamente ecumenico.
La tentazione di alcuni alti Prelati di interferire sulle “cose” terrene politiche è altissima, specialmente negli ultimi tempi, nei quali gli stessi cattolici sono frastornati e divisi tra centrosinistra con la Bindi e Franceschini, tra centro di opposizione con Casini e  centrodestra del PdL… In alcune Parrocchie sono (erano) esposte le bandiere della Pace, in altre sembra di sentire dal pulpito un comizio di Di Pietro, per non parlare dello stesso Bagnasco che invita a pagare le tasse; ad Assisi, per fortuna richiamata alla sottomissione vaticana, conduce il corteo per la pace Vendola che ha ultimamente inveito, definendo: vecchi “maschi” rincoglioniti, alcuni giornalisti; tempo fa a Favara l’arcivescovo di Agrigento, Montenegro (quello che aveva eliminato i Re Magi dal Presepe, perché "respinti alla frontiera") siccome non riuscì a trattenere la "rabbia" per quanto accadde rifiutò di officiare i funerali delle due bambine morte sotto il crollo della propria abitazione.

Sintomatico di questo richiamo nei confronti delle gerarchie vaticane è il fatto che il nostro grande Papa teologo, Ratzinger sia riuscito a cacciare via senza proroghe il  Cardinale Tettamanzi, che parecchie volte si è inserito maldestramente nelle faccende politiche italiane, criticandone le istituzioni.
Soltanto lo scorso luglio Mario Toso (segretario vaticano di Giustizia e pace), con il chiaro intento di predisporre una ipotetica nuova Balena bianca, aveva infastidito gli ambienti Cei, i cui rappresentanti stavano al lavoro, a loro volta,  per creare una nuova aggregazione pre politica. Anche allora Bertone, chiaramente su indicazione del Santo Padre, richiamò Toso facendo capire che da quel momento in poi egli avrebbe sostenuto soltanto un lavoro comune con la Chiesa italiana, che equivale a dire (speriamo): dare a Cesare quello che è di Cesare!

Non ci resta che sperare nel nostro Papa Ratzinger. Egli che vuole che i preti siano prima di tutto “preti”! Lunga vita a BenedettoXVI.
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14-10-2011 | 12:15:18L'ANALISI

Papa Ratzinger parla senza Eco - di Roberto Pepe

Non è necessario che il Vaticano si vendichi su Umberto Eco per la sonora bocciatura con pessime critiche sulla stampa internazionale dei suoi libri alla mostra del libro in Germania, basta analizzare semplicemente e commentare ciò che disse tempo fa su Papa Ratzinger.

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«Non credo che Benedetto XVI sia un grande filosofo, né un grande teologo, anche se generalmente viene rappresentato come tale». Umberto Eco ha valutato l’esamino dell’alunno Ratzinger   assolutamente insufficiente  e quindi lo ha dovuto “rimandare a settembre” addirittura in “teologia”! «Le sue polemiche, la sua lotta contro il relativismo sono, a mio avviso, semplicemente molto grossolane…», ha poi aggiunto Eco per motivare la bocciatura del Papa in quella materia, «nemmeno uno studente della scuola dell’obbligo le formulerebbe come lui. La sua formazione filosofica è estremamente debole».

Ma analizziamo prima, molto, ma molto succintamente, il curriculum scolastico dell’alunno Ratzinger, il cui esito culturale, secondo il celeberrimo scrittore Eco è molto deludente.

 Nel 1953 Joseph Ratzinger si è laureato in teologia con una dissertazione sul tema: "Popolo e Casa di Dio nella Dottrina della Chiesa di sant'Agostino". Nel ‘57 ha fatto la libera docenza di teologia fondamentale. Dal ‘69 è professore di dogmatica e di storia dei dogmi presso l'Università di Ratisbona. La sua intensa attività scientifica lo ha portato in seno alla Conferenza Episcopale Tedesca, nella Commissione Teologica Internazionale. Tra le sue pubblicazioni "Introduzione al cristianesimo" (1968) e una raccolta di lezioni universitarie sulla "professione di fede apostolica". Redige lo  studio approfondito della teologia "Rapporto sulla fede" nel 1985 e  "Il sale della terra" del ‘96. Va ricordato anche il libro "Alla scuola della Verità"
 Il Sacerdote Ratzinger, partecipa al Concilio Vaticano II come esperto in teologia. È stato Relatore alla Quinta Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi (1980) sul tema della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo, evidenziando la crisi della cultura tradizionale della famiglia di fronte alla mentalità tecnicistica e meramente razionale. Nell’81 Giovanni Paolo II lo ha nominato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. È’ divenuto anche Presidente della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale. È stato anche Presidente Delegato della Sesta Assemblea (1983) che ha avuto per tema la riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa.
 E’ stato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Collaboratore di Giovanni Paolo II in maniera continua e preziosa. Tra i tantissimi punti-fermi della sua opera:la presidenza della Commissione per la Preparazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.
 Per argomentare il suo pesante giudizio, Eco ha fatto riferimento proprio ad una questione che gli è apparsa molto indigesta: la questione del relativismo: «In sei mesi potrei organizzarle un seminario sul tema. E può starne certo, perché alla fine, io presenterei almeno 20 posizioni filosofiche differenti sul relativismo. Metterle tutte insieme come fa Papa Benedetto, come se ci fosse una posizione unitaria è, per me, estremamente naif».

Allora vediamo come si proponeva l’allora, ancora, Cardinale Ratzinger alla vigilia della sua elezione al Soglio Pontificio, nella Basilica Vaticana, celebrando la Santa Messa "pro eligendo Romano Pontifice" a poche ore dall'inizio del Conclave che lo avrebbe eletto:

 "… Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all'altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all'individualismo radicale; dall'ateismo ad un vago misticismo religioso; dall'agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice san Paolo sull'inganno degli uomini, sull'astuzia che tende a trarre nell'errore. Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare "qua e là da qualsiasi vento di dottrina", appare come l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un'altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. È lui la misura del vero umanesimo. "Adulta" non è una fede che segue le onde della moda e l'ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell'amicizia con Cristo. È quest'amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità…”

Ha proprio ragione Umberto Eco, anzi se volessi, io stesso potrei portare non venti, ma duecento o duemila posizioni filosofiche differenti sul “relativismo”. E’ relativismo, proprio per questo: ogni giorno cambiamo un paragrafo della filosofia di vita del  giorno precedente ed abbiamo una nuova dottrina “relativista” da seguire! Basta che oggi inventiamo un nuovo sistema di inciucio economico-bancario-statale o qualcuno che dica che il Big bang non c’è mai stato, o che scoprano che Cristo era comunista, scoppia una nuova moda a cui bisogna sottostare ed adeguarsi per non essere “off”.

Papa Ratzinger guarda direttamente all’uomo che, come un albero, campa con le proprie radici infisse nel terreno. Se il campo dove vive è inquinato da diverse falde velenose (le 20 diverse posizioni filosofiche) l’albero avrà una crescita difficoltosa, a prescindere se l’inquinamento sia causato da liquami, scarichi industriali, o scarsezza d’acqua. Il Papa ha centrato la propria posizione cattolica da “sublime prete apologeta”, senza scendere nei particolari terreni delle diversità dei liquami o delle diverse tendenze filosofiche esistenti inebrianti moderniste o semplicemente false. Questa differenziazione la lascia commentare, appunto, ad Eco o a qualche astrofisica o matematico teorico, o a qualche scienziato inebriatosi dal ritrovamento (presunto) di un ossicino del primo uomo-scimmia.
Il bello di questo Papa è proprio il fatto che è davvero “naif” - come lo definisce Eco - , se significa “sempliciotto”. Lo ammiro proprio per questo, lo vogliamo proprio così, anche e, soprattutto, quando prende posizione contro qualche eccelso alto prelato che si mette a fare il politicante intrigante populista e, quindi, relativista. La grandezza di questo Papa è proprio la saldezza essenziale nel suo modo di filosofeggiare: in maniera semplice, diretta, comprensibile da tutti i semplici, come un prete di campagna che parla dal pulpito di una chiesetta sperduta tra i monti tra gente semplice.
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19-10-2011 | 19:09:00 IL COMMENTO

La Buona Politica di Cesare (e di Bagnasco) - di Roberto Pepe

"La separazione tra doveri e principi dello Stato e la finalità ultima del cristianesimo, le ha definite con chiarezza già Cristo duemila anni fa"

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Solo il Grande Papa Ratzinger ha notato una concomitanza curiosa sfuggita ai più noti commentatori di cose di Chiesa: mentre nel monastero di Montesanto si  sono riuniti, assieme al Cardinal Bagnasco, i leader dei movimenti e delle associazioni più vicine al mondo cattolico attivista, come le Acli, l'Azione Cattolica, Mcl, Compagnia delle Opere, Retinopera, Sant'Egidio, Cisl, Coldiretti, ebbene, mentre costoro discutevano sotto il motto riportato sul fondale: "La Buona politica per il Bene comune”,  il Vangelo letto in Chiesa nella stessa domenica 16 ottobre  riguardava proprio la famosa domanda che i farisei rivolsero a Gesù per metterlo alla prova: “È lecito o no dare il tributo a Cesare?”. Al che, Egli, conoscendo la loro ipocrisia, rispose loro: "Perché mi tentate? Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio".

 La separazione tra doveri e principi dello Stato e le finalità ultime del cristianesimo, l’ha definita con chiarezza già Cristo duemila anni fa. Quello che molti cattolici, con qualche alto prelato, non mettono in evidenza con sufficienza o fanno finta di sottintenderlo, è appunto la differenziazione della finalità fondamentale che ha una Istituzione laica come uno Stato sovrano da una organizzazione prettamente religiosa come quella cattolica. 

Mentre lo Stato ha tra i molteplici doveri, come istituto principale, quello di pensare al lavoro, alla casa, all’istruzione, alla salute, “finalizzato” al benessere del cittadino in “questa terra”, per una organizzazione cattolica le attività di supporto e volontariato tendenti a risolvere le medesime problematiche sociali terrene, sono solo un “mezzo” che, tramite l’adempimento dei comandamenti - aiuta il tuo prossimo…- ottempera al “fine” superiore principale individuale di guadagnarsi una migliore “vita” nell’aldilà.

L’attivismo sociale cattolico, insomma, va inquadrato come fosse un’azione derivante dall’obbligo del rispetto dei comandamenti che l’individuo credente compie nel rapporto personale che ha con l’ Altissimo Referente (l’esistenza individuale di Kierkegaard governata dalla fede). Ci si può certamente raggruppare tra cristiani per donare meglio ed intervenire più razionalmente nelle varie problematiche sociali, ma l’azione dell’impegno non deve travalicare il motivo per cui ci si è impegnati. Il “mezzo” non deve diventare, insomma, il “fine”. Ricordiamoci che Cristo in persona ha ripreso gli interlocutori dicendo loro di non tentarlo con domande ipocrite, chiarendo, senza ombra di dubbio, che le due strade debbano sempre essere distinte! Altrimenti avrebbe risposto ai Farisei: “Organizzatevi in proprio (con un partito) e diventate voi più forti di Cesare, sostituendovi alla sua organizzazione sociale!". Ecco perché gli alti prelati, con una carica istituzionale, non possono mai citare la parola “Politica” dicendo: è ora di cambiare governo! Disubbidirebbero a Gesù Cristo! Ciò non toglie, invece, che il cattolico si organizzi e come “cittadino” qualunque, ma animato da sana cultura cattolica, si proponga di cambiare governo.
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18-11-2011 | 09:24:28  L'OPINIONE

Colpo di Stato di Todi - di Roberto Pepe

Todi ha sconfitto finalmente il Bunga-bunga! Questa è la realtà. Lo Spread non centra un fico secco. Della situazione internazionale, a quelli di Todi non gliene fregava niente! 
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Premetto che col presente articolo non si giudica la valenza del Nuovo Governo Monti, ma la metodologia del suo avvento al potere. 
Lo avevamo previsto: la DC, vecchio stile, ha fatto un vero e proprio colpo di Stato. Non ci vengano a dire che la “cosa” è scaturita così, casualmente, per caso, per coincidenza! Non la beviamo affatto. Abbiamo criticato ed inquadrato, già alcuni giorni fa, i vari proclami del dopo Meeting di Todi, dove primeggiava il cardinal Bagnasco, con la forsennata foga da parte del Portavoce delle Associazioni di ispirazione cattolica, Natale Forlani, nel negare qualsiasi immaginabile formazione politica di un nuovo partito organico, facente riferimento alla Democrazia Cristiana. 

Anche se tutti i discorsi erano esclusivamente impegnati a prospettare un nuovo modo di concepire la politica nel futuro dell’Italia, invocando un cambio di timone, la cosa strana era che questo forte impegno da parte di tutti i cattolici italiani era prospettato senza pensare ad una struttura organicamente costituita, cioè come se si dovesse creare un cervello con tanto afflusso di sangue, globuli rossi, ma senza il supporto di vene, arterie e, fondamentalmente, di un corpo che sostenga il tutto.  C’era da aspettarselo infatti: hanno agito come se si trattasse di una associazione segreta, operante senza targhette, ma vivente in mutuo soccorso, di ispirazione carbonara.
L’organizzazione del nuovo Governo era già stata decisa a Todi. Questa è la verità. La nuovissima Democrazia Chimera è rinata con le tre teste: Centro-sinistra-fido bancario (come definito da Rotondi). La CEI, per carità si è tenuta distante - continua a precisare Bagnasco (Excusatio non petita, accusatio manifesta, ndr) - senza esprimere giudizi, ma la linea era incoraggiata nello spirito di Todi”

Corrado Passera era a Todi, come Lorenzo Ornaghi, vicinissimo a Ruini (componente ciellina della CEI); Andrea Riccardi,  fondatore della Comunità di S.Egidio, con sostenitori tra progressisti e conservatori; Renato Balduzzi (Movimento ecclesiale di impegno culturale) amico della  catto-comunista Rosy Bindi; Paola Severino, Piero Garda, Piero Gnudi, e Francesco Profumo: tutti cattolici vicini agli ambienti d’oltre Tevere.

E tutte queste eccellenze sono piombate al Quirinale, così, casualmente, esclusivamente  per la loro bravura? Oppure si è definitivamente realizzato un disegno precostituito in quel di Todi, dove la parte ideologica catto-comunista di alcuni movimenti che hanno come riferimento-guida alcuni alti prelati del Vaticano estremamente politicizzati (in disaccordo, tra l’altro con lo stesso Papa), hanno finalmente imposto e finalizzato il subdolo colpo di stato, ribaltando un governo eletto dal popolo? Todi ha sconfitto finalmente il Bunga-bunga! Questa è la realtà. Lo Spread non centra un fico secco!  Della situazione internazionale, a quelli di Todi non gliene fregava niente: bisognava abbattere il depravato leader che ridicolizzava nel mondo intero, l’Italia dei costumi  illibati delle integraliste Rosy Bindi! E così abbiamo la nuova DC del tanto vetusto disgraziato e menagramo centro-sinistra del Compromesso storico realizzato!
Ricordiamo che Bagnasco, solo ieri, aveva tenuto a precisare : “No a elezioni o a ribaltoni di sorta; sì a larghe intese!”. Ipse dixit: e così fu!
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L' Editoriale



Lettere al direttore 26 GEN 2012
Filo diretto con Maurizio Belpietro
L'ANTICAPITALISTA BAGNASCO

All’anticapitalista Bagnasco, il Grande Papa dice: silenzio e parola per il dialogo. Già alla fine del settembre 2011 il presidente della CEI Cardinal Bagnasco ci provò, dopo aver castigato l’impuro governo Berlusconi, a benedire la formazione di una nuova DC facendo il cartomante del futuro italiano: Sembra rapidamente stagliarsi all’orizzonte la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica, che, coniugando strettamente l’etica sociale con l’etica della vita, sia promettente grembo di futuro, senza nostalgie né ingenue illusioni». Oggi il Cardinale se la prende con il Capitalismo, definendolo in questa fase storica: “sfrenato” in quanto possiede la colpa di non risolvere i problemi, ma, anzi di crearli, privando il cittadino della sicurezza del lavoro. 
Fondamentalmente il Capitalismo è un sistema economico, in cui il bene capitale appartiene a privati individui, con uno Stato che si limita a controllare che le regole stabilite in precedenza vengano rispettate; ma poiché esistono così tante ideologie divergenti che promuovono o si oppongono allo specifico accertamento di cosa esattamente identifichi il capitalismo, dall’utilizzazione che se ne fa, di questo termine, si può solo capire immediatamente la collocazione filosofica-politica dell’utilizzatore del termine. Quando Bagnasco, per esempio, afferma che - va detto che la politica è assolutamente necessaria, e deve mettersi in grado di regolare la finanza perché sia a servizio del bene generale e non della speculazione, non essendo possibile vivere fluttuando ogni giorno nella stretta di mani invisibili e ferree, voluttuose che spadroneggiano sul mondo - effettua una chiara e limpida critica peculiare della sinistra filosofica. Egli, infatti, anche se con toni pacati, vorrebbe da parte della Stato, un controllo, non delle regole, ma dello stesso “Capitale”. E per essere arcisicuro che lo si capisca, lo richiede “papale, papale” con i vecchi slogan populisti catto-comunisti: “dove la sovranità dei cittadini è ormai usurpata dall' imperiosità del mercato” che si riconsiderassero parole antiche, ma sempre attuali e urgenti: “vita e famiglia, lavoro e partecipazione, libertà e relazione, politica e rappresentanza". Quest’ultima apologia di Stato sociale potrebbe essere uno slogan del Compromesso Storico della stravecchia DC col riabilitato PCI già scomunicato! 
Meno male che il nostro Grande Papa Ratzinger afferma che: Silenzio e parola sono «due momenti della comunicazione che devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi per ottenere un autentico dialogo e una profonda vicinanza tra le persone». Esattamente l’opposto di quello che fa e che dice il Cardinal Bagnasco, facendo infuriare tutto il Nordest che, - pur essendo stato il baluardo democristiano del cattolicesimo praticante -, sul liberismo capitalista ha creato il maggiore benessere non solo locale, ma per gran parte d’Italia e quindi, oggi, non si capacita di questo attacco politico diretto da un alto prelato.
Roberto Pepe | 26 gennaio 2012 00:00



10-04-2012 | 13:21:33 L'INTERROGATIVO
Papa Ratzinger: obbedienza! Ma dopo di lui cosa sarà? - di Roberto Pepe
La Chiesa diventerà una Onlus caritatevole di volontariato per i più bisognosi di cure terrene impegnata sul sociale universale, o manterrà valido il principio che Essa è solo un supporto al dialogo che ogni singolo individuo-uomo ha direttamente con l’Assoluto?




A Napoli si dice: “Mò, s’è scucciato overamente!”. Tra problemi legati alla pedofilia, tra ordinazioni femminili, tra apertura ai gay, tra anticoncezionali, tra preti politicanti-sindacalisti, il nostro Grande Papa Ratzinger - proprio lui che ha iniziato il pontificato con la lotta al “relativismo storico” -,  non ce l’ha fatta più ed ha ripreso alcuni vari collaboratori sparsi nel mondo, invitandoli, anzi, ordinando loro l’Obbedienza prevista dai vari ordinamenti sacerdotali.

Francamente, ho aspettato a commentare le posizioni politiche di alcuni alti prelati, proprio perché immaginavo che sarebbe giunta una “appropriata” risposta chiarificatrice da parte diretta del Santo Padre, visto che ormai questi Monsignori  sono apertamente schierati politicamente e nelle loro omelie, o congressi, o conferenze, non parlando più di “evangelizzazione”, di “catechismo”, di “preghiere”,  ma di “potere operaio” e della indispensabilità di un “nuovo soggetto politico” governante che abbia, ovviamente, un grosso riferimento nelle sponde vaticane. Non ho dovuto attendere troppo però, perché , fortunatamente il nostro “grande” Papa Ratzinger si è fatto sentire molto, ma molto chiaramente.

Antefatto: già nel 2009 ebbi la sensazione che  questo Papa fosse, allora, solo all’inizio di una immensa opera universale, essendo un re-edificatore della Chiesa Cattolica che stava ri-codificando tramite i binari dalla filosofia teologica, la “Substantia rerum”. Egli ha perfino usato la “scientia”, cioè il ragionamento prettamente logico deduttivo per dimostrare la Trinità (…) seguendo il ragionamento della “teoria delle stringhe” che risolve l’annoso problema di trovare quella Legge Universale che riesca ad unificare tutte le leggi che governano le forze: dal più piccolo al più grande.
Papa Benedetto stava proponendo, in sintesi,  una Chiesa concettuale-filosofica a fronte dell’impoverimento relativista causato, sicuramente, dai costanti contrasti internazionali, purtroppo sempre più a carattere religioso, ma anche dallo sviluppo esponenziale che ha assunto la conoscenza scientifica ed i suoi progressi materialistici. Utilizzare questi stessi ragionamenti per dimostrare la presenza di un Assoluto è stato un fatto epocale.
In tutto questo eclatante  e prorompente rinnovamento, duole dirlo: proprio alcuni alti prelati dimostrano interessi su fatti contingenti, che pur nella loro implicita drammaticità, riguardano esclusivamente una sfera prettamente terrena, quasi che  la finalità preminente dell’Istituzione cristiana sia diventata un sindacato per  il posto di lavoro, la giustizia sociale, o la pensione per gli anziani più poveri.

Mons. Bregantini, da parte sua, infatti  afferma, come in un comizio della CGIL a piazza S. Giovanni (anziché parlare di fede ai cattolici all’interno della stessa Chiesa): "Il lavoratore non e' una merce. Non lo si puo' trattare  come un prodotto da dismettere, …” E più avanti affonda da scaltro sindacalista demagogo: “…mi chiedo: diminuira' o aumentera' il precariato dei nostri ragazzi? Riusciremo ad attrarre capitali ed investimenti dall'estero solo perche' e' piu' facile licenziare? …”.
Qui siamo in effetti, in presenza di una forma di  comunismo ascetico fondamentalista, ancor più pericoloso di quello materialista di matrice laica. Per convalidare questa sua tesi, il monsignore rosso, come colpo di teatro, cita l’enciclica “Rerum Novarum”, pietra miliare del cattolicesimo sociale, emanata nel 1891, da Leone XIII, attribuendogli però, un valore , -cosciente  di farlo-  che è un falso propagandistico  storico. (come parlare a vuoto di pace, ecologia, antimilitarismo,…)

Prima di tutto, citando quella Enciclica, si parla di concetti concepiti piu' di un secolo fa, quando, addirittura l’Italia era ancora in embrione  e la stessa  dottrina sociale della Chiesa, rappresentava una via indecisa  tra capitalismo e socialismo. In pratica il  movimento cattolico allora, era diviso sull'atteggiamento da tenere nei confronti del movimento socialista, per tentare di mediare col capitalismo avanzante, ma con il fine prioritario di controbattere l'ateismo professato dai marxisti:  L'enciclica, infatti,  alla fine, esprime una condanna nei confronti del comunismo assieme alla teoria della lotta di classe, (ed alla massoneria), preferendo che la questione sociale fosse risolta dall'azione combinata di Chiesa, Stato, impiegati e datori di lavoro. (L’allora proto-compromesso storico)
A determinare con forza questa volontà di formulare un nuovo Partito politico, viene allo scoperto pure il portavoce della Cei, mons. Domenico Pompili che dice: "La situazione del mondo del lavoro costituisce un assillo costante dei Vescovi. La dignita' della persona passa per il lavoro riconosciuto nella sua valenza sociale. La CEI segue con attenzione le trattative in corso, confidando nel contributo responsabile di tutte le parti in campo, al fine di raggiungere una soluzione, la più ampiamente condivisa".

Ovviamente in questa bagarre politico-sindacale non poteva mancare il Presidente della stessa CEI, Cardinal Bagnasco, che già alla fine dei settembre 2011  ci provò, dopo aver castigato l’impuro governo Berlusconi,  a benedire la formazione di una nuova DC facendo il cartomante del futuro italiano: “Sembra rapidamente stagliarsi all’orizzonte la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica, che – coniugando strettamente l’etica sociale con l’etica della vita – sia promettente grembo di futuro, senza nostalgie né ingenue illusioni».

Oggi il Cardinale se la prende con il Capitalismo, definendolo in questa fase storica: “sfrenato” in quanto possiede la colpa di  non risolvere i problemi, ma, anzi di crearli, privando il cittadino della sicurezza del lavoro.
Tralascio volutamente gli interventi di altri Alti Prelati che invece di alleviare le pene dei carcerati o delle vittime di mafia  se la prendono direttamente col Governo che non interviene,… perché basta ricordare  il modo nel quale  gli  illustri Papi: Giovanni XXIII,  Paolo VI, Giovanni Paolo II e lo stesso Benedetto XVI sono intervenuti nel rapportarsi con questi terribili problemi, facendosene carico, pregando con i detenuti o invitando i mafiosi a pentirsi, come deve fare un vero prete e non inveendo come sindacalisti-giuristi, contro le istituzioni, riscaldando, tra l’altro,  gli animi già colpiti da drammi personali.

Meno male che il nostro Grande Papa Ratzinger afferma che: “Silenzio e parola sono due momenti della comunicazione che devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi per ottenere un autentico dialogo e una profonda vicinanza tra le persone». Esattamente l’opposto di quello che fa e che dice  il Cardinal Bagnasco, facendo infuriare addirittura tutto il Nordest  che dal dopoguerra   è stato  il baluardo democristiano del cattolicesimo praticante. Il Cardinale, infatti,   vorrebbe da parte della Stato, un controllo, non delle regole, ma dello stesso “Capitale” privato.  E per essere arcisicuro che lo si capisca, lo richiede “papale, papale” con i vecchi slogan populisti catto-comunisti, perché: “…la sovranità dei cittadini è ormai usurpata dall' imperiosità del mercato …”.
Ora veniamo al Giovedì Santo, quando il nostro “Grande” Papa ha gridato un avviso importantissimo per la Chiesa nel mondo: "Situazione drammatica. No preti disobbedienti".
Dopo aver bocciato ovviamente l’ipotesi delle ordinazioni femminili in Austria, grida: "La disobbedienza dei sacerdoti non è la via". Ed inducendo con forza a: "Rinunciare all'autorealizzazione”,  il Papa si domanda con fervore durante la Santa Messa del Crisma in San Pietro:  “Come deve realizzarsi questa conformazione a Cristo, il quale non domina, ma serve; non prende, ma dà?".

A Cristo "stava a cuore la vera obbedienza, contro l’arbitrio dell’uomo ... Non si tratta di immobilismo nella tradizione -chiarisce il Santo padre, invitando i fedeli a vedere che anche per una nuova fecondità ci vogliono la radicalità dell’obbedienza, la dinamica della speranza e la forza dell’amore, … "La mia dottrina non è mia". "Non annunciamo teorie ed opinioni private, ma la fede della Chiesa della quale siamo servitori… “  Ricordando che agli uomini è richiesto "un superamento di noi stessi, una rinuncia a quello che è solamente nostro, alla tanto sbandierata autorealizzazione",  conclude: "Non reclamizzo me stesso, ma dono me stesso".
Non so, francamente, se i succitati prelati hanno compreso il messaggio, ma la mia paura, dopo questa lunga premessa è duplice. Praticamente questo lungo preambolo è scaturito da questi  due seguenti dilemmi angosciosi, molto semplici, ma terribili.

Il primo riguarda una situazione attuale relativa alla bassa presenza di vocazioni sacerdotali che si evidenzia  benissimo specialmente nelle stesse parrocchie romane. Queste Chiese hanno numerosi preti provenienti dall’Africa, dall’estremo Oriente o dal Sud America, insomma da tutte le parti del mondo. Questi vengono “riciclati” per qualche mese od anno, perché imparino bene l’italiano (non si sa mai che uno di questi diventi Papa), ma  fondamentalmente perché a Roma mancano proprio le vocazioni. Sono tutti simpatici e volenterosi, anche se, purtroppo, tutte le omelie sono lette in un italiano con accenti sbagliati che fanno sorridere … Insomma, questi alti prelati, invece di addestrare i sindacalisti del domani o di cercare lavoro a qualche disoccupato o di riprendere un capitalista che chiude un’azienda, perché non preparano i giovani ad un sano sacerdozio? Perché questi prelati non stanno in oratorio ad insegnare ai giovani, oltre che a giocare a pallone, anche a pregare, come si faceva una volta? Insomma perché questi Cardinali non pensano ad “evangelizzare” insegnando che Cristo ha risposto ad una chiara domanda: “Date a Cesare ciò che è di Cesare ed a Dio ciò che è di Dio”? Mi pare infatti che Cristo non abbia aggiunto: “Se però Cesare non vi paga bene venite da me che ci penso io…”.
Al mio secondo quesito, il più drammatico, so già che nessuno può rispondere, ma è molto sintetico: Ma dopo Papa Ratzinger, il “grande” prete filosofo, cosa succederà alla Chiesa Cattolica, se i presunti pilastri della stessa Chiesa sono quelli citati (ed altri) attualmente operanti sul campo?
La Chiesa diventerà una Onlus caritatevole di volontariato per i più bisognosi di cure terrene impegnata sul sociale universale,  o manterrà valido il principio che Essa è solo un supporto al dialogo che ogni singolo individuo-uomo ha direttamente con l’Assoluto?
Questo tema, il nostro grande Papa BenedettoXVI l’ha ricordato e sostenuto, come fondamento della “sua” Chiesa “attuale”, ma poi?
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10-05-2012 | 15:30:45  IL COMMENTO

Vaticano, dissidio tra Bertone e Bagnasco - di Roberto Pepe

'Bertone, portavoce del Papa, faccia pure la guerra e lo dica chiaramente a Bagnasco di far sì che nelle parrocchie si parli principalmente dei problemi spirituali'




Non ci sarà nessuna guerra ed è giusto che le parti interessate la neghino, però che il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana cardinale Bagnasco, sia diventato il capo partito “in pectore” o, quantomeno, l’eminenza grigia della nascente nuova Democrazia Cristiana è sotto gli occhi di tutti. 
E’ giusto, quindi, che il Cardinale Segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone, richiami il capopopolo Bagnasco ad una più trascendentale missione in terra, anziché porsi come un agit-prop che ricorda ad ogni piè sospinto agli italiani di non mollare la politica contro l’antipolitica rivolta all’astensionismo. 

E’ vero che la CEI è un’espressione di alti prelati responsabili delle varie diocesi che rappresentano a loro volta le difficoltà anche terrene dei cristiani loro fedeli locali, ma è anche vero che un’esasperazione delle denunce di problematiche prettamente terrene, dimenticandosi dell’evangelizzazione e della catechesi (principale compito di un prete)  porta i vari fedeli a disinteressarsi della dottrina cattolica, cimentandosi esclusivamente in richieste - pur giuste - che si riferiscono alla soluzione dei problemi contingenti vitali di tutti i giorni.

Ormai è una consuetudine sentire assieme agli anatemi di Grillo contro i politicanti da strapazzo, anche quelli che Bagnasco, sulla sponda opposta, lancia al popolo come un comune rappresentante politico, affinché la gente vada a votare o pensi ad edificare quel centro comune di riferimento di vecchio stampo cristiano impegnato (DC). Sta di fatto che il nostro Grande Papa Ratzinger, l’apologeta, in Germania, dice che a fronte alla complessità dei problemi, la prima risposta è una fede più consapevole e più vissuta; Bagnasco alla Conferenza Episcopale Europea, invece, va dicendo che è necessaria una presa di coscienza della dottrina sociale della Chiesa sui problemi economici finanziari, sociali e politici… Esattamente il contrario di quanto chiarificato da Cristo: date a Cesare ciò che è di Cesare ed a Dio ciò che è di Dio.

Intanto nelle parrocchie romane, per esempio, soggiornano per brevi periodi preti indiani, del Bangladesh, statunitensi, ecuadoregni, eccetera, che con il loro italiano composto da parole incomprensibili dagli accenti spostati, leggono e commentano le pagine del Vangelo dal pulpito, perché non vi sono più sacerdoti e nuove vocazioni italiane da ricoprire i posti vacanti. Certo, fa piacere addestrare anche preti stranieri, però, le parrocchie dove il prete più giovane dirigeva le partite di pallone nell’oratorio tra i boy scout ed i giovani dell’Azione Cattolica, sono inesorabilmente vuote. Bertone, portavoce del Papa faccia pure la guerra e  lo dica chiaramente a Bagnasco di far sì  che nelle parrocchie si parli principalmente dei problemi spirituali (possibilmente in italiano), invogliando i giovani ad avvicinarsi alla Chiesa, diventando buoni cristiani e, magari, anche preti,  oltre che  spingerli a fare i bravi cittadini, sindacalisti, volontari ed i politicanti. A queste attività lasciamo che ci pensi pure Grillo… Tanto, non è peggio degli altri!
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20-06-2012 | 11:06:08  Analisi e sintesi

Il Male radicale di Kant contro Papa Ratzinger – di Roberto Pepe

"Das radikal Böse hat wieder zugeschlagen": il Male radicale ha colpito ancora. Ma sarà tutto inutile, perché lo stato di “grazia” alla fine avrà il sopravvento!’

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Il  “radikal Böse”, per  il filosofo Kant : “male radicale”,  è insito nell’uomo, assomigliando ad un “legno storto”. Questo istinto si manifesta in una tendenza naturale verso il male, una sorta di perversione che spinge l’uomo a soddisfare i propri impulsi  primordiali, seguendo i propri desideri egoistici senza ascoltare la comune legge morale. 

Queste azioni conseguenti, per il cristiano, rappresentano il Peccato ispirato dalla forza demoniaca. Questo è ineliminabile dal contesto terreno, tanto è vero che è stata necessaria la richiesta dell’intervento trascendentale di Dio.

 Il male, insomma diventa una figura del limite umano diventandone un enigma principale. Lo si può percepire; si ha certezza della sua azione perversa, ma non lo si può spiegare o circoscrivere. La grandezza di Kant  (disse il filosofo  Karl Jaspers) sta appunto nell’aver identificato questo confine, senza però aver creato alcun simbolo. “Il filosofare trae origine dal silenzio di fronte a ciò che è nascosto”: ai suoi occhi, in compenso, la dottrina del male radicale manifesta assai bene una straordinaria testimonianza della possibilità della “grazia”.

Questo deve aver pensato il nostro Grande Papa Ratzinger di fronte al “male radicale” di cui è stato circondato in questi ultimi tempi! Non si capacitava e non si capacita tuttora, perché “quel suo figliolo” del segretario personale, lo abbia tradito, trafugandogli gli scritti! Non si capacitava di aver constatato che il “male radicale” della pedofilia era entrato tra le mura dei suoi alti rappresentanti nel mondo! Non si capacita delle traversie economiche in cui versano Enti, Ospedali, Organizzazioni, Associazioni di natura laica e religiosa tormentate da accuse e denunce incredibili. 
Indubbiamente tutti questi accadimenti sono gestiti  e quindi sono frutto di interventi e decisioni di  “uomini” sia laici che  alti prelati, e come tali soggetti ad essere colpiti indistintamente dal “male radicale” che non fa preferenze! Anzi, probabilmente il nostro Papa, filosofo e sacerdote, si è reso conto che l’assunto kantiano (l’artefice è il diavolo) se ha deciso di colpire un alto Prelato od un alto esponente del Vaticano, lo colpirà con una maggiore forza e virulenza, tale  da scombussolare anche tutto l’ambiente circostante, seminando in cascata un mare di  “zizzania”  - come ha affermato il Cardinale Bertone -  anche tramite  i giornalisti  usati come megafono diffamatorio contro tutto l’apparato vaticano, toccando perfino l’ignaro  ed allibito Santo Padre!

Il destino atroce  si è manifestato, infatti, colpendo proprio in questo momento il Vaticano, con la presenza di un Papa che, addirittura, aveva esordito il suo mandato con la condanna del relativismo storico! Forse il “male radicale” (ovvero il diavolo) ha avuto timore che Benedetto  XVI  limitasse troppo la deriva innovativa, trasformista ed utilitarista  che il Cristianesimo stava imboccando già da tempo… ed ha creato un alone di  turbamenti in ciò che è terribilmente nascosto!
Das radikal Böse hat wieder zugeschlagen: il Male radicale ha colpito ancora. Ma sarà tutto inutile, perché  lo stato di “grazia” alla fine avrà il sopravvento!


L’ARCIVESCOVO DI AGRIGENTO SI “ARRABBIA” DI NUOVO
03/08/2012
Ci risiamo. Nel 2010 scrivevamo: Francamente non lo capisco questo gesto dell’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro (quello che aveva eliminato i Re Magi dal Presepe, perché "respinti alla frontiera") che siccome non riesce a trattenere la "rabbia" per quanto è accaduto ha deciso di farlo sapere con un gesto eclatante: rifiutando di officiare i funerali delle due bambine morte sotto il crollo dell’ abitazione a Favara. Cioè, un Vescovo preposto alla cura delle anime, dice ai propri parrocchiani che non riesce a trattenere la “rabbia” e pertanto non celebra un Officio Sacro!
Un prete è messo lì apposta per curare le ferite umane da qualunque parte, esse  provengano, … ed egli, l’alto prelato che fa? Dice “sono arrabbiato e scendo in sciopero manifestando il mio sdegno tra il popolo!”…
In questi giorni, nella chiesa del Santissimo Crocifisso di Siculiana (Agrigento) il parroco don Leopoldo Argento ha dovuto fermare la funzione per il funerale di Giuseppe Lo Mascolo, concedendogli soltanto una preghiera e la benedizione della salma. Lo stesso arcivescovo Montenegro ha ordinato: Niente funerale in chiesa per i boss mafiosi, mandando  un segnale forte: "L’unico modo per imbavagliare la mafia è fare sul serio, amare e cercare la verità e il bene, rifiutare i compromessi e il conformismo. Se la mafia c’è, è anche colpa nostra”  Ha recentemente ribadito durante la festa di San Calogero.
La tesi secondo cui: negare il funerale non è punizione del defunto, ma una salutare scossa per convertire i vivi  è abbastanza ambigua e sconcertante, in quanto la funzione non è fatta per alleviare e consolare  la pena dei vivi presenti, ma per alleviare le pene del defunto nell’aldilà conferendogli un attestato di consolazione che lo accompagni nella presentazione all’esame finale della propria vita.
Il problema è tutto qui, perché: se Lo Mascolo negli ultimi attimi della propria vita terrena ha provato un vero pentimento di tutti gli eventuali orrendi misfatti commessi in terra -e questo lo sa il parroco che ha preso l’ultima confessione (se l’ha effettuata)-, ha tutto il diritto terreno di avere un funerale cattolico e nessuno ha il diritto di vietarglielo. La valutazione della concessione di quel  Rito cattolico, pertanto, dipende esclusivamente da quell’attimo finale della sua vita.
La Chiesa, infatti nega “sacrosantamente”  il funerale alle persone che fino all’ultimo hanno manifestato una mancanza di fede ed una volontà accertata a non pentirsi in aperto contrasto con il credere e operare da cristiano, arrivando a concedere, invece, la funzione anche nei casi dubbi, come il suicidio, dove, appunto, viene contemplata l’ipotesi di mancanza di autocontrollo dell’individuo. Si considera, infatti,  quell’atto estremo come un momento di depressione psicologica e come una vera e propria patologia clinica estrema, non giudicabile umanamente, ma comprensibile.
In questo caso, l’interessante sarebbe sapere, se l’Arcivescovo si sia informato preventivamente sull’eventuale pentimento del Boss morto, prima di prendere quella decisione drastica, ammesso che una confessione di un morente possa essere comunicata ad altra persona, anche se alto prelato. Nel caso che il Boss si fosse confessato, comunque, la decisione dell’Arcivescovo risulterebbe abnorme e presa  semplicemente per una motivazione d’ordine politico sociale, non ammissibile assolutamente dai canoni ecclesiastici ed addirittura in contrasto con gli adempimenti cattolici.

Bisogna ribadire un concetto che tutti i cristiani, anche non praticanti, conoscono dai tempi del catechismo: La Chiesa ammette la redenzione completa di chiunque, anche se sia stato per tutta la vita un pessimo cristiano che ha commesso atroci crimini, ma che poi abbia mostrato un serio e veritiero pentimento: chiunque ha la possibilità di redimersi fino all’ultimo respiro. E’ la principale lezione di Cristo in terra e sulla Croce con il ladrone pentito! I preti hanno il dovere in terra, di concedere lo stato di grazia a chiunque lo richieda con pentimento. Poi sulla reale veridicità del sentimento, l’interessato se la vedrà con il Giudice Supremo. Sono fatti suoi!

Quando la fede nella misericordia e nella speranza di redenzione di un individuo morente si mescola, come ha fatto l’Arcivescovo,  con i pur validi ed ammirevoli  forti tentativi di richiamo e di stimolo alla conversione per una vita sociale più giusta ed onesta, ma rivolto a terze persone, viventi,  sorge naturale il dubbio sulla reale portata e validità della “punizione” perpetrata al defunto.
Non si può cristianamente  accettare come una salutare precauzione, messa in atto dalla Chiesa-madre, il popolare tentativo di “dare chiari segni ai suoi figli, onde farli camminare sulla retta via della morale e giustizia in terra”, ai danni di un’anima  seppur (ammesso e non concesso) presunta dannata alle pene degli inferi.
E come esporre davanti alla chiesa una tabella dove sono riportati i nomi dei defunti buoni, destinati al Paradiso e quelli dannati, con il tipo di punizione relativo,  in base ai crimini operati sulla terra! Anche questo metodo potrebbe essere un incentivo interessante ad operare degnamente da Cristiano!


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29-08-2012 | L’INTERVENTO
E se domani Bagnasco diventasse Papa? – di Roberto Pepe
Il capo dei vescovi italiani non parla da prete, ma esclusivamente da politico incallito rampante


di Roberto Pepe - ItaliaChiamaItalia



Quello che fa più paura è che un prete come Bagnasco potrebbe diventare un domani Pontefice. Non perché non sia un uomo pio o un bravo organizzatore di incontri fra cattolici, ma semplicemente perché non parla da prete, ma esclusivamente da politico incallito rampante. Questo fustigatore dei costumi italiani, essendo Presidente della Conferenza Episcopale italiana, cioè: capo dei vescovi italiani, infatti, non è il classico sacerdote che insegna il Catechismo tramite le parabole, la vita di Cristo, la storia del cristianesimo, facendo riferimento alla salvezza dell’anima nella vita trascendentale, ma dal suo pulpito in Chiesa durante una Sacra Celebrazione, le sue omelie sono interamente dedicate alla crisi economica nazionale ed all’impegno di tutti gli italiani per risalire la china. In pratica, invece di parlare dei peccati veniali e mortali derivanti dalle poche preghiere che i fedeli pronunciano, egli parla di “crisi del sistema” che non può essere affrontata facilmente, se non unendo le forze delle famiglie, dei giovani, degli adulti e pensionati,  formando, magari, un nuovo partito  (quello enunciato e proposto a Todi) per contrattaccare le forze malefiche, individuate in particolar modo in alcuni uomini politici.
Neanche il Don Camillo guareschiano era arrivato a tanto. Aveva strenuamente difeso l’operato dell’Azione Cattolica contro Peppone ed i suoi attivisti del PCI, ma bisogna pensare che negli anni del dopoguerra, nelle cascine dell’Emilia Romagna erano nascosti carri armati, cannoni e fucili, pronti alla sollevazione popolare del Sol dell’avvenir! Don Camillo si limitava a dire: “Attenzione nella cabina di voto, Stalin non vi vede, ma Dio… sì!”. Allora, insomma, i sovietici erano scomunicati, in quanto materialisti negatori di Cristo ed assassini di preti. Ora è diverso: siccome i cattolici sono per il volontariato attivo, per le missioni in terra d’Africa, per il multiculturalismo, per l’integrazione di qualunque richiedente, per l’ambientalismo, essendo anche animalisti, e siccome questi sono temi fortemente utilizzati a sinistra, per la proprietà transitiva, tutti si sentono uniti in un sincretismo politico-culturale dell’ammasso d’idee.
La cosa grave è che in questo imbuto teologico siano caduti proprio coloro i quali dovrebbero difendere la diversità concettuale delle finalità dello Stato con quelle della Chiesa! Per lo Stato, per esempio, l’attività di sostegno ai più poveri è un giusto e doveroso fine, invece per la Chiesa è un mezzo per guadagnarsi il Paradiso! Quando Cristo ha affermato “date a Cesare, ciò che è di Cesare” fu estremamente chiaro e lapidario: “Pagate le tasse richieste da Cesare!”. Non ha detto: preparate uno sciopero generale con blocco stradale ed organizzate un “Partitus democraticus” da opporre a Cesare! Questo cercano di far credere alcuni preti impegnati. D’altra parte Cristo ha anche detto:  date a Dio ciò che è di Dio!” andando nel Tempio e rovesciando tutte le bancarelle, inveendo contro i commercianti che avevano allestito un mercato per vendere mercanzie varie. Domando: quanti commercianti ci sono nella Chiesa di oggi, magari ricoperti da paramenti sacri purpurei, che dal pulpito-bancarella brandiscono la croce come una clava per realizzare fini demagogici populisti, che sono tutt’altro che mistici e trascendentali?Meno male che Papa Ratzinger c’è! Oggi! Ma domani?
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04-09-2012
"Un profondo studioso, dal comportamento aristocratico e signorile"

Carlo Maria Martini, un semplice uomo onesto – di Roberto Pepe

‘Apparteneva alla schiera di chi riesce a comunicare più facilmente, di chi è più simpatico, di chi ha più carisma, tanto da far sentire l’interlocutore a proprio agio’

di Roberto Pepe - ItaliaChiamaItalia
Martini Carlo Maria era prima di tutto una brava persona, un semplice onesto uomo, un profondo studioso, dal comportamento aristocratico e signorile. Non credo che fosse quel mito esasperato del catto-comunismo che vorrebbero far credere “quelli di sinistra”. Non credo che il Cardinale fosse un ideologizzato progressista, come lo sono, invece, molti altri alti prelati che gridano in piazza o, peggio, in Chiesa, durante le loro omelie, inveendo dal sacro pulpito contro quel governo, contro tale sistema governativo, o contro tal altro politico che fa le orge.
Ho aspettato a scrivere d’impulso dopo la sua dipartita, proprio per vedere e sentire le quantità di asserzioni sparate da tutti quelli che hanno voluto evidenziare una frase profferta, un certo giorno, durante una certa intervista, dal “cardinale” nell’interno di un qualche discorso, estrapolarla e poi rivendersela come una tendenza generalizzata affine alle infinite varie posizioni settarie politico-religiose esistenti nel mercato italiano.
Ogni recensione televisiva si è aperta con l’affermazione che sia credenti, che non credenti, che esponenti di altre confessioni si sono recati a rendergli omaggio, durante la sua esposizione al Duomo di Milano. La cosa curiosa è che i primi nomi di personalità presenti in quella chiesa, immediatamente evidenziati dalle TV, appartengono tutti inesorabilmente al mondo laico culturalmente di sinistra e rigorosamente anticattolici dichiarati. Si è arrivati a dire, perfino, che Martini era il Cardinale dei non-credenti. Insomma, non parlava come un Cardinale normale che parla ai cattolici!

Questo dovuto al fatto sostanziale che, essendo un grande comunicatore a prescindere dalla tipologia culturale del proprio interlocutore, egli si prestava a tutti ed aveva una parola di conforto e di comprensione per tutti gli individui. Egli apparteneva, infatti, alla schiera di chi riesce a comunicare più facilmente, di chi è più simpatico, di chi ha più carisma, tanto da far sentire l’interlocutore a proprio agio, avendo la certezza di essere stato compreso e corrisposto nei propri bisogni e desideri…

Testimoniare, però, che siccome il Cardinale ha avuto comprensione, per esempio, per la situazione umanamente disagiata dei single e dei gay, fosse promotore di uno statuto pro single e gay, è un’aberrazione informatica, sulla quale giornali e opinion maker giocano per rendere interessante il contrasto presunto (ed alimentarlo) con il Vaticano. Secondo esempio di disinformazione: sull’accanimento terapeutico bloccato dal Cardinale: la Chiesa si espresse già da tempo sull’eventuale interruzione di somministrazione di medicinali, auspicando, anzi, un normale decorso di un fine vita, naturale. Ebbene i giornalisti mestatori abitudinari hanno voluto ingarbugliare le idee della gente, paragonando questa azione con quella dell’interruzione della vita, con morte procurata, che è un vero e proprio suicidio (tra l’altro ultimamente “compreso” ed accettato dalla Chiesa nelle sue forme più drammatiche). Altro esempio di esasperazione concettuale: Martini rilascia un’intervista nella quale denuncia errori commessi dal Vaticano in questi ultimi 200 anni. E’ una cosa che sanno tutti: anzi, io potrei dire che la Chiesa è indietro di 400 anni se si considera l’errore macroscopico perpetrato ai danni di Galileo (valutazione corretta da Giovanni Paolo II)). Ciò non vuol dire, però, che l’impianto universale della Chiesa e del cattolicesimo sia, nelle basi dottrinali su cui è stata edificata, deficitaria spiritualmente in qualche maniera. Come è stato riportato l’appunto critico di Martini dai mass media, pare che egli stesso parlasse come un “antipapa” - così definito da qualche bontempone - e volesse rivoluzionare tutto l’apparato ecclesiale...
Diciamo che il Cardinale parlasse sempre “per parlare”: cioè per discutere su di un problema irrisolto, esaminandolo da molti punti di vista, anche alternativi al di fuori della ufficialità dei canoni ecclesiastici … Non era insomma un ideologizzato fondamentalista della politica e della Cultura, ma forse dava un’apparenza di simpatia verso alcuni tabù della Chiesa con il solo fatto di parlarne. Lo si evince dalle risposte delle lettere sul “Corriere” in alcune delle quali mette in guardia proprio dalla ideologizzazione e mitizzazione di qualsiasi concetto. Ad una mia lettera nella quale (purtroppo sintetizzata all’estremo sviando il concetto base) inneggiavo a Papa Ratzinger, il quale è un fautore dell’utilizzazione dei metodi e regole scientifiche logico-deduttive in supporto perfino della religione, anche per cercare di svelare alcuni misteri trascendentali, egli mi rispose di “stare tutti con il Papa”, ma che non riteneva opportuno di “dimostrare” (scientificamente) la Trinità! La sua Fede e la sua “purezza d’anima” era immensa per la quale vigeva la regola dell’Omnia munda mundis, anche quando il suo pensiero andava a toccare, analizzare alcuni temi, la cui sola trattazione, significava per gli impegnati viscerali anche appartenenti a rinomate comunità cattoliche, stare contro la voce ufficiale del Papa.

Gli attenti esaminatori delle cose vaticane, come Alberto Felloni, invece, apprezzano alcuni desideri che il cardinale ha cercato di mettere in pratica: formare una Chiesa collegiale. Nel 1999, davanti al sinodo dei vescovi, Martini espresse il «sogno» di un concilio e di una forma di espressione conciliare della collegialità nella Chiesa cattolica. Per riguardo alle prerogative del pontefice, specifica Felloni, usò delle perifrasi: chiese un «confronto collegiale e autorevole tra tutti i vescovi su alcuni dei temi nodali». Ma era evidente che il «sogno» era un balzo innanzi verso una collegialità schietta, non ancora proponibile.

Non so, personalmente, se la Chiesa possa essere “collegiale” nelle modalità esplicitate in questi termini, visto che Cristo stesso disse a Pietro (che non era il migliore fra gli apostoli, visto che lo aveva rinnegato tre volte) “Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa”. Cristo, ricordo a Felloni, non ha detto, infatti: “Su Voi undici edificherò la mia chiesa collegiale!” che tra l’altro sarebbe stato più facile per propagandare la nuova dottrina in tutto il mondo di allora! Già sapeva (ovviamente) Cristo, che a decidere in questi termini deve essere uno alla volta. Tutti gli altri possono collaborare, suggerire, proporre, aggiornare, ma la decisione e la guida assoluta deve essere presa dal successore di Cristo e, solo, da lui: il Papa in autonomia di decisione. Altrimenti si mette in discussione, perdendosi nei meandri delle illazioni individuali, perfino il fondamento del Cristianesimo che si basa su quel comando impartito senza se e senza ma dall’Altissimo in persona che riconosce in Pietro il primo della sua successione! Religione che, come ribadito anche dal Papa Ratzinger, non ha finalità politiche rivoluzionarie (contro Roma), ma prospetta una rivelazione di vita trascendentale. Se Cristo avesse voluto dare un segno “forte” di ribellione “fisica” sarebbe bastato bruciare con il solo sguardo dalla Croce, tutti i “cattivi” di allora o mettersi al comando di qualche orda e distruggere i villaggi degli infedeli (come ha fatto qualche altro profeta in seguito)! Invece, Cristo, paradossalmente, disse di pagare le tasse ingiuste ai romani: “Date a Cesare ciò che è di Cesare” proprio col fine di evitare di far identificare le persone di Chiesa come sobillatori o capipopolo difensori delle beghe terrene. La cosa strana è che, ancor oggi, c’è bisogno di ricordarlo, specialmente a qualche alto prelato che vuole avere la parola in un collegio paritetico, proponendo – nientemeno - che nuovi partiti politici fatti di cattolici…

Buon viaggio, Carlo Maria Martini e prega per noi!
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Il Perdono di Dio e l’Anatema di Sepe
13/11/2012






Quando Don Camillo fu costretto a barricarsi nel campanile di Brescello, perché Peppone gli aveva imposto di suonare le campane per un giovane “compagno” morto in una manifestazione, egli si rifiutò di farlo, in quanto, quel defunto faceva parte di gente dichiaratamente atea e rivoluzionaria “mangiapreti”. Ebbene, di fronte a quella salma, il prete guareschiano si commuove ed, affermando che tutti, nella morte, sono figli di Dio, effettua i rintocchi di rito.
Il Cardinal Sepe, giustamente scosso per i fatti di Camorra, forse è meno umano di Don Camillo? E se un camorrista mentre muore si pente all’ultimo istante, donando la propria anima a Dio, senza che nessuno (degli umani, ovviamente) lo percepisca, negherebbe questo una santa benedizione? Mi scusi, odio quanto il Cardinale la cattiva gente, ma non è con gli anatemi “mistici” che la si combatte…
Roberto Pepe -
Caro Pepe, capisco le sue perplessità di cattolico. Ma la inviterei a leggere l’anatema del cardinale Sepe come un evidente passo avanti da parte della Chiesa in terra di camorra. Poiché non possiamo certo ascrivere l’arcivescovo di Napoli alla schiera dell’antimafia un tanto al chilo, chiediamoci piuttosto perché dalla sua voce arrivi l’altolà addirittura ai funerali in chiesa per boss e affini, salvo che non si siano pentiti prima.
Mi rendo conto che il discrimine per poter classificare il defunto come camorrista sia esile e che l’intesa che la Curia sta avviando con la Procura per poter segnalare in tempo il peso specifico e criminale sia di difficile gestione e applicazione. Ma è chiaro il segnale politico che Sepe ha inteso dare, soprattutto a fronte delle accuse - in certi casi motivate - che la Chiesa ha ricevuto negli ultimi anni di essere stata troppo indulgente nei confronti dei camorristi della porta o della parrocchia accanto.
C’è stato indubbiamente, in passato, un deficit che ha portato per esempio a far sì che il parroco di Casapesenna definisse il superboss Zagaria «un fedele come gli altri», senza la dovuta presa di distanza. Eppure a pochi chilometri un altro sacerdote, purtroppo proveniente da più nordiche contrade, denunciava il pizzo imposto agli imprenditori della zona.
Insomma, la Curia di Napoli ha battuto un colpo. Personalmente spero che ne batta altri in una guerra in cui, pur coltivandolo, è più opportuno lasciare il dubbio nella privatissima sfera di coscienza.


03-01-2013 | 15:09:35La Chiesa sta col Prof?

Monti, Bagnasco e la CEI – di Roberto Pepe

‘I credenti non si riconoscono in un'unica leadership, non ha senso evocare l'epoca lontana dell'unitàpolitica dei cattolici’


Non è piaciuta a tutti, dentro la Chiesa cattolica, l'uscita dell'Osservatore Romano in favore del nuovo impegno politico di Monti e non è affatto piaciuta, soprattutto, la strumentalizzazione che ne è stata fatta sui media italiani. I molti commenti, infatti, lasciano intendere che vi sia una simpatia per Monti talmente evidente, da far schierare tutta la Chiesa con l’attuale leader.
Il primo che deve aver preso paura dell’eccessivo riscontro deve esser stato proprio il grande fautore di questo nuovo avvicinamento politico: il Presidente della Conferenza Episcopale Angelo Bagnasco, seguito dal cardinale arcivescovo di Milano Angelo Scola ed il cardinale Camillo Ruini, i quali hanno subitamente deciso di arroccarsi in un silenzio (che dice molto), mostrando una volontà a non aggiungere, per il momento, altra carne al fuoco montiano. Caldeggiare ulteriormente ed eccessivamente questa forma di inciucio tra governo ed organizzazioni politico-cattoliche molto attive e vicine al ministro Riccardi, avrebbe potuto dimostrarsi controproducente.
Sicuramente Tarcisio Bertone, segretario di stato vaticano, e “unica vox” del nostro grande Papa Ratzinger, consapevole del feeling fra Monti e detto apparato papale non vuole assolutamente schierare la Chiesa politicamente e deve aver riportato e chiarito quale sia la vera impostazione vaticana in tema di politica “estera”.

Persino Comunione Liberazione ha puntualizzato che l'unità del movimento non è una omologazione politica e tanto meno si identifica con uno schieramento partitico, e di seguito sono scaturite, anche, le affermazioni, non certo spontanee, di alcuni alti prelati, i quali, pur condividendo il rigore e la serietà del cattolico Monti, sottolineano la necessità che venga rispettato il principio naturale di laicità in ogni rapporto fra Stato e Chiesa. Una linea, del resto, benedetta anche da monsignor Domenico Sigalini, della Cei e dell'Azione cattolica: «i credenti non si riconoscono in un'unica leadership» e che «non ha senso evocare l'epoca lontana dell'unità politica dei cattolici» (Excusatio non petita, accusatio manifesta.)

Cosicché Bagnasco, da “homo politicus”, commentando il Messaggio per la pace di Benedetto XVI si è limitato a sottolineare che non bisogna dimenticare i temi etici e quei «valori non negoziabili» che rappresentano le caratteristiche essenziali di ogni società matura. Certamente è un messaggio a 360 gradi, per non far apparire dominante la smaccata precedente invocazione a seguire i dettami di Todi e di Rimini.
Una cosa è certa: ultimamente le uscite pubbliche del cardinale Bagnasco hanno dato l'impressione d'essere state calmierate, quasi si fosse voluto artatamente prendere una distanza netta da quelle posizioni che sono state identificate come «strumentalizzazioni» della Chiesa rispetto alle parti politiche, ma qui  sorge il dubbio: è stata l’azione del Papa attraverso Bertone a frenare il tutto o Bagnasco si è reso conto che l’Osservatore Romano aveva anticipato “troppo” spudoratamente  la posizione degli attivisti cattolici laici-clericali pro una nuova “Democrazia Cristiana”? O è una componente di tutte e due le verità? Ne vedremo delle belle a proposito!

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